Questa foto risale a un paio di anni fa, quando l'imbarcazione "freedom flottilla", che si proponeva di raggiungere Gaza portando agli abitanti aiuti umanitari, venne bloccata dai soldati israeliani, uno dei quali vediamo, nella foto, immobilizzato dagli attivisti a bordo dell'imbarcazione. L'istantanea, immessa nel circuito editoriale internazionale dall'agenzia Reuters, era stata volontariamente croppata (tagliata) in modo da eliminare dall'inquadratura le armi impugnate dai pacifisti.
Sono seguite scuse formali, ma questo tipo disonesto di utilizzo delle immagini è sopravvissuto e si è reso più potente sfruttando il dilagante utilizzo del web che offre, con un click, la possibilità di esprimere anche opinioni formate sulla menzogna e la mala fede. Inganni da cui è possibile difendersi realizzando, una volta per tutte, che la fotografia non rappresenta la realtà, ma un pezzo del reale, ed esso, non essendo realtà assoulta, può anche essere un pezzo di qualcos'altro. Le idee sono una cosa importante. Sapere dove le andiamo a prendere ci potrebbe aiutare.
All'inizio della mia carriera come fotoreporter, mi ricordo, fui inviato (che detto così fa più figo) a Vicenza in occasione di una delle manifestazioni di protesta contro la base americana Dal Molin. Non ero mai stato a una manifestazione da fotografo. Era la mia prima volta e non è che fossi proprio pratico di manifestazioni in generale. Da quel giorno di manifestazioni ne ho fotografate tante e non c'è voluto troppo per capire come proporre ai giornali la notizia in modo che acquistassero le fotografie da pubblicare.
Fondamentale, avevo sagacemente intuito, è scattare un'immagine in cui ci sia tanta gente tutta insieme in modo da dare l'idea che la piazza o la strada in cui si svolge la protesta sia piena. In questo modo si fa più notizia perchè indica l'alta affluenza e il consenso riscosso nell'opinione pubblica.
Poi ci sono i cartelli e gli striscioni. Quando non sono quelli ripresi dai movimenti degli anni 70 sono colorati e divertenti e sono come ogni slogan deve essere: immediato, incisivo, senza spazio alla replica e ridondante.
Per non parlare dei fumogeni, i look strambi, le foto dei cani con i fiocchetti colorati e le divise degli agenti.
E infine la violenza. Quella fa più punti di ogni foto-cartolina: manganellate, sassi, bottiglie, calci, pugni, scudi, formazioni militari dall'una e dall'altra parte, strategie, lacrime, urla. Quando si arriva alo scontro ogni fotografo sa che la possibilità di guadagnarsi la pagnotta, quel giorno, è esponenzialmente più alta.
Durante eventi come le manifestazioni, ogni inquadratura rappresenta la possibilità di condensare informazioni, o esercizi di stile, e determinare chi, tra i reporter, sia il più bravo e il più poetico: cartello + bella ragazza che lo sorregge + (meglio se con) urla convinte + folla dietro di lei sempre piu sfocata. Se davanti ci piazziamo l'elmetto del poliziotto fuori fuoco abbiamo creato un bel momento della manifestazione.
Ogni elemento che noi abbiamo bloccato e inviato in formato digitale alle varie redazioni corrisponde a un preciso momento. Un momento inequivocabilmente avvenuto.
In quello stesso momento, nello spazio e nel tempo, si trovavano altri elementi. Non pertinenti, lontani, cromaticamente stridenti, che non abbiamo visto, brutti e così via. Non importa. Quello che importa è che abbiamo svolto correttamente il nostro mestiere e documentato un fatto così com'era. Ci siamo limitati a renderlo visivamente migliore grazie alla nostra competenza specifica nel campo delle immagini. Dopo 120 o 180 giorni verremo pagati per quelle fotografie pubblicate e potremo pagarci un Kebab in compagnia.
Ora vi svelo la possibilità di scattare, in quella stessa manifestazione, un'altra immagine. Sarebbe sufficiente spostarsi dal centro dell'azione, dal corteo, immortalando, ad esempio, un giovane con lo sguardo allampanato, e una maglietta nera con una grossa A stampata in rosso sul petto, mentre soffia una nuvola grigia di fumo aspirato da una sigaretta che regge stancamente tra le dita sporche. Il ragazzo è appoggiato a un muro, indossa calzoni strppati sulle ginocchia e già che ci siamo ha un ciuffo verde di capelli. Costui, che sfoggia pure un tatuaggio sul collo, ha posato la bandiera di un X movimento a testa in giù per terra. Intorno a lui nessuno. Quella foto la scattiamo per le più svariate ragioni rimanendo nell'ambito del nostro mestiere e dell'assenza di coinvolgimento emotivo/ideologico rispetto al contesto. Si spera. La scattiamo perchè, pensando alla documentazione di un evento, ci interessa conferire alla narrazione un po' di ritmo con una scena più statica magari.
Possiamo però averla scattata affinchè un giornale conservatore la utilizzi per additare il lazzarone perditempo e criticare l'integrità della protesta. Eticamente sarebbe poco simpatico, ma nel caso in cui la manifestazione fosse stata effettivamente un flop, quell'immagine, e non quella della ragazza con dietro la folla sfocata, sarebbe maggiormente rappresentativa.
Rimane il fatto che tra i bordi dell'immagine c'era quello e nient'altro.
Il fotografo ha poco, quando alcun, controllo sulle fasi che seguono il momento in cui trasmette le foto. Un'immagine può essere utilizzata per sbaglio, o di proposito, anche mesi, quando non anni dopo l'evento cui si riferisce. E spesso a sua insaputa. E' per questo che il professionista serio cerca di descrivere, per mezzo di una didascalia scritta, il contesto e il soggetto della foto. Un modo anche per tutelarsi oltre che esprimere più chiaramente note, luoghi, persone, situazioni che dalla foto non emergono, ma che risultano importanti ai fini descrittivi e così via.
La produzione e l'utilizzo fazioso della fotografia, i fotomontaggi, la condivisione sui social media di materiale informativo non verificato, fino alla palese mancanza, da parte di alcuni utenti, di controllare il prodotto che stanno proponendo quando poi, esso, risulta essere costruto ad arte, quindi palesemente falso, è profondamente sbagliato. Lo fanno le persone cattive per seminare disinformazione e strumentalizzare gli eventi. Il rischio per un utente poco informato e impressionabile è che ci creda.
Rendersi complici di questi atti calcolatamente destabilizzanti rende evidenti molti dei limiti di una persona in merito alla sua capacità di formarsi delle idee, e quindi delle opinioni. Contribuisce a inculcare, amplificandone la portata, elementi distorsivi della realtà. Quella stessa realtà che la fotografia ha la presunzione di rappresentare, ma che assolutamente non rappresenta.
Questa realtà volutamente inesatta ci mostra, quando utilizzata dichiaratamente a tale scopo, una fetta del reale, la contingenza spruzzata da un pensiero, non la realtà in termini assoluti, che quella è un'altra cosa e non la conosce nessuno.
Il fotografo ha il compito di filtrare attraverso la sua sensibilità, la sua cultura, le informazioni di cui dispone. Dal canto mio, in qualità di umile servitore della verità in fotografia, e da conoscitore delle dinamiche che regolano la produzione delle informazioni visive, vi porto questo messaggio che spero vorrete considerare.
Ti chiedo pertanto di non condividere la foto di una piazza gremita di gente che sotto riporta la scritta "ieri 500.000 persone hanno manifestato in Spagna, Italia cosa aspetti?!". La scritta è stata accostata a questa immagine in un secondo momento da una persona che con l'autore non ha nulla a che fare. Se tu avessi osservato, anche solo per 5 secondi, l'immagine avresti notato la bandiera al centro della piazza e realizzato che quella foto si riferiva a un evento accaduto non in Spagna, ma in un paese di un altro continente addirittura!
Anche se la vostra cultura cinematografica non è molto approfondita, e non riuscite a collegare un cielo irrealmente tempestoso minacciare la Statua della Libertà con quella proposta in un film catastrofico, cercate di capire da dove viene quella foto. Individuare chi l'ha postata per primo se non proviene dal circuito ufficiale di informazione. Il primo che la condivide non vince un peluche. A verificare ci si impiega un paio di minuti e si risparmia una figuraccia.
Se siete dei fotografi professionisti adulti e condividete, sull'onda dell'entusiasmo mediatico, le foto di due calciatori che reggono una maglietta recante una bandiera successivamente unite tra loro da qualcuno che ivi scrive una minaccia di morte in rosso su una fascia gialla verticale, beh.. o realizzate la cazzata o cambiate mestiere per favore, perchè, purtroppo, soprattutto in questo momento, di esempi come questo è pieno. E come potete vedere dalla foto lassù, le anime disoneste non imparano dalle lezioni.
Subito dopo aver scritto questo post è uscita la notizia che il giornalista BBC Jon Donnison ha Retweettato, cioè condiviso, ai suoi quasi 8000 follower, l'immagine straziante di una bambina ferita (o morta non c'è la certezza di stabilirlo a questo punto) sostenendo si trattasse di una conseguenza dei bombardamenti israeliani su Gaza. Scoppia lo scandalo quando si scopre che quella foto si riferisce, invece, ai massacri siriani.
Le fotografie di questo articolo, nel rispetto del diritto d'autore, vengono qui riprodotte per finalità di critica e discussione ai sensi degli artt. 65 comma 2, 70 comma 1 bis e 101 comma 1 Legge 633/1941
grazie Milo, molto significativo quanto scrivi e terribilmente preoccupante, non ci si può proprio fidare di nulla, neanche di quello che sembrava certo poiché documentato. Già, sarebbe solo questione di far vedere una "certa parcella di realtà" isolandola dal contesto generale per arrivare addirittura a "mentire" su luoghi e situazioni. D'accordo essere consapevoli del possibile inganno, ma un povero cristo che guarda il telegiornale e legge la stampa si deve costantemente trasformare in un detective o decidere che fa Robinson Crosué? la tua amica sara
RispondiEliminaCiao Sara! Curioso, a distanza di più di 2 anni sto scrivendo una considerazione sulla bugia in fotografia che ricorda tanto il post con cui ho aperto questo blog! Non è cambiato molto e non mi aspettavo cambiasse, semplicemente più ignoranti hanno la facoltà di disperdere nel web la loro idea superficiale, distorta e inculcata malignamente da altri.
RispondiEliminaLa tua preoccupazione è legittima. Come può qualcuno districarsi tra tutto questo mare di bugie? Io credo che si potrebbe cominciare con assumere un atteggiamento critico a ciò che ci circonda. Senza caricarlo di preconcetti che è il modo in cui si può essere più facilmente preda della mistificazione.
Un modo in cui potersi proteggere è verificare la stessa notizia su più organi di informazione ufficiali. Ci sono molti blog e siti di news notoriamente votati alla disinformazione e scorrendo gli altri contenuti che propongono non è difficile farsi un'idea della parzialità con cui trattano i loro argomenti.
Nel caso del giornalista BBC che ha retweettato la foto falsa di un giornalista/attivista palestinese, la sua azione era probabilmente più a titolo personale, dal suo acount Twitter, senza filtri e verifiche redazionali, ma rimane la voce di un giornalista con 8000 follower. Non un'eco da poco.
Il caso della Reuters, il modo in cui ha trattato la foto della Freedom Flottilla unitamente al fatto che fosse recidiva (vedi Libano 2006) è quello più allarmante, ma per fortuna il merito di internet, di contro, è di poter smascherare queste mascherate con più facilità ristabilendo celermente un certo equilibrio. Stiamo vigili e onesti.