giovedì 17 novembre 2011

Bamboccione di secondo pilu

Me stesso fotografato nel corso di una manifestazione da Emanuele Cremaschi. Circa 2007. Courtesy the author :-)


Quando l'allora Ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, ebbe la malaugurata leggerezza di definire la generazione di giovani che ancora abitavano con i genitori dei "bamboccioni", venne sommerso da ogni sorta di critiche con il solo vantaggio di preservare i diritti d'autore su questo termine.
Mentre impazzava la polemica con chi cercava di far presente al titolare del Dicastero economico del governo Prodi che c'era la crisi, che era un momento nero per compiere scelte di vita indipendenti senza il sostegno della famiglia, che esistevano fasce sociali di indigenti e di poveri, io stavo facendo irruzione nel mondo del fotogiornalismo, sfoggiando un sorriso compiaciuto per il traguardo sognato e raggiunto, un nuovo taglio di capelli da persona-perbene, e una macchina fotografica professionale, acquistata grazie al denaro proveniente dai lavori svolti sin dall'età di 15 anni, in cui mi tuffavo come se fossero il mestiere della mia vita e che mi hanno tuttavia permesso di guadagnare, risparmiare e non annoiarmi troppo nel corso degli studi superiori e universitari. 
Lo stesso giorno in cui conseguii la laurea cominciavo già, borsa in spalla, il lavoro che mi attendeva al termine dell'inutile preparazione accademica. Come dire, non mi piaceva perdere tempo, avevo chiaro il modo in cui avrei voluto vivere e come fare per dare al tutto un pò di senso in più rispetto alle possibilità che mi venivano proposte. Contro il consiglio di tutti ormai avevo deciso.
E' per questo che mi sono sentito ferito nell'orgoglio con quel termine, Bamboccioni.. Non perchè rientrassi nella categoria del trentenne mangiato e lavato da mamma e papà, all'epoca avevo 23 anni, e un futuro promettente da costruire, ma pur non essendo mai stato un tizio particolarmente competitivo o smanioso di provare qualcosa a chicchesia, decisi di andare a vivere da solo! Tiè, non sarei mai stato un Bamboccione! non io!
Ormai avevo un lavoro (ho capito dopo l'errore insito nella definizione della mia attività), una partita Iva, ero forte, determinato e lavoravo con i giornali per Dio! Cosa mai sarebbe potuto succedere?!
Una delle cose che mia madre ha sempre ripetuto a me e a mia sorella era che, potendo, il modo migliore per non farsi rubare i soldi era di investirli nell'acquisto del mattone. Non mi era molto chiaro a cosa potesse servire il possesso di un mattone, ma decisi che avrei proprio comprato una casa. Una casa tutta mia. E così feci. Ne visitai 5 o 6, nei momenti liberi (rarissimi) tra un servizio e l'altro, poi, stufo, optai per un delizioso bilocale in zona Corvetto. Mutuo trentennale, anticipo attinto dai risparmi di una vita e garanzia dei miei genitori (al limite della bambocceria forse, ma sti cazzi) senza la quale, sorpresona, nessuna banca mi avrebbe mai concesso un mutuo, nonostante lavorassi per i giornali! Ohibò! Sta roba dei giornali era dunque di cosi poco conto?! A me sembrava una cosa importantissima.
Vivere da solo era bellissimo. Non che nel focolare domestico natale non vivessi come mi pareva: i miei lavoravano come muli e volendo avrei potuto passare le giornate a cazzeggiare a casa senza che nessuno mi rompesse le palle, fingendo una qualche forma di impotenza (tutte tranne quella li) per farmi dare degli spiccioli e buttarli in alcool o schifezze varie. Semplicemente era mio desiderio supremo diventare un uomo capace di affrontare ogni problema con le sue sole forze. Oltretutto vivere da solo faceva figo.
Poi questi benedetti giornali, un bel giorno (a me pare proprio sia andata cosi: un giorno, dall'oggi al domani) decisero che la crisi stava rendendo superflua la spesa per le fotografie, poi scaricandole da Internet erano addirittura gratis se nessuno se ne fosse accorto, e molte testate le tagliarono sino a dimezzarne l'utilizzo e la retribuzione.
In men che non si dica ho anche scoperto il motivo per cui mio padre ogni volta che guardava nella casella delle lettere diventava subito nervoso e teso. Io bambino non capivo. Poi ho capito.
Ho capito anche che ci sono giorni in cui comunque vadano le cose, vanno male comunque: si chiamano scadenze. Queste scadenze sono subdole perchè fanno scadere somme di denaro dovute di un anno (o più) prima, roba che ne è passata di acqua sotto i ponti in un anno, figurati chi si ricordava. Ma quelle si ricordano puntualissime e arrivano sotto forma di modelli F24 chee se non paghi son cazzi.
E tu però lavori. E più lavori meno guadagni e la matematica non è mai stata una scienza esatta per me, ma qualcosa in sti conti non va', e timidamente chiedi piccole somme in prestito perchè quelli che te le devono dare proprio in quel momento non possono, e allora decidi che prima si cambia registro meglio è e che incombenze simili non c'è verso di affrontarle. Così chiedi a mamma e papà di tornare a casa per qualche mese finchè la situazione non si sistema un pò e loro sono gente perbene e ti accolgono a braccia aperte. In fin dei conti a te sembra normale, sono i tuoi genitori, e quando non ti sembra sia proprio così normale, non puoi che fingere sia così, perchè per come le cose stanno andando: si salvi chi può!
E come sono fortunato io ad avere questa possibilità: a poter ritornare bambino nella stanza dell'infanzia, con ancora le macchinine sulla tappezzeria e i VHS sugli scaffali, tutti impolverati. Ad avere il lusso, per nascita, di prendere tutti i miei progetti e i miei sogni, schiaffarli in una borsa grande grande, lasciandola in soffitta un pochino ad aspettare che le cose ricomincino a girare anche per noi giovani di belle speranze. D'altronde quando un uomo sceglie la propria strada la deve seguire fino in fondo ed è normale che ci siano delle buche lungo il tragitto. Altrettanto normale è caderci dentro e quando sei nel buco è bello poter contare sulle mani tese per farti rialzare, poter uscire e pensare a un piano per scrollarti di dosso il terriccio e volare via.
E non ricordiamo a mamma e papà che "qualche mese" è già passato.

Nessun commento:

Posta un commento