sabato 31 luglio 2010

Separati in casa

"i fondatori del Pdl mentre fondano il Pdl", Ph. Milo Sciaky, Milano, 2009



L'ufficio politico del Popolo della libertà ha di fatto buttato fuori dal partito Gianfranco Fini. Il quale, per dirla tutta, è stato uno dei due fondatori.
L'ha cacciato accusandolo di non aver espresso in questi ultimi mesi un "legittimo dissenso", bensì avendo operato uno "stillicidio continuo". Processo sommario? No, perchè un processo prevede il diritto alla difesa. Diritto che evidentemente nel regno di Berlusconi non è contemplato. Un regno in cui il collegio giudicante è proprio lui e i burattini servono solo a confermare le scelte del capo. Così non sembra sia tutta opera sua. Caspita! Efficace!
A dirla tutta non è che la necessità di scrivere questo post sia nata dalla volontà di informare i lettori riguardo la notizia in sè, seppure essa sia di una rilevanza non indifferente, ma di esternare una semplice quanto ovvia considerazione: se il concetto di democrazia si basa sulla libertà dei cittadini, tramite il voto, di scegliere i propri rappresentanti, allora l'Italia non è un paese democratico. Non è un facile spirito antagonista a motivare la mia tesi, bensì una semplice addizione: 1+1=2: Spiego meglio: Qualora io avessi votato Pdl perchè, al momento delle elezioni, nel Pdl si trovava l'Onorevole Fini (o qualcuno dei finiani di mia simpatia) e adesso lui (o loro) nel Pdl non c'è più, vorrebbe dire che da oggi la maggioranza che avrei contribuito a legittimare non esisterebbe più.
Il sistema partitico è aberrante. Il partito (quello che riesce a non scannarsi interiormente ancora prima delle elezioni) si erge a istituzione e si autogoverna, proprio perchè di fatto è lui a governare. Una volta giunto al potere non ce n'è più per nessuno e a nulla vale il pensiero espresso da Fini nella conferenza stampa di oggi. A nulla vale richiamare l'attenzione su alcuni aspetti fondamentali quali la difesa della libertà e la diversità fra garantismo e impunità.
E se il concetto di libertà, almeno in senso generale è chiaro e condivisibile da tutti, è emerso che quello di impunità non è che sia proprio così chiaro. Ognuno nel partito, meglio se quello di governo fa ciò che gli pare. Scajola, Brancher, Verdini, solo negli ultimi mesi. La fase di indagine non coincide ovviamente con una sentenza di colpevolezza, ma quando l'opinione pubblica ha a disposizione elementi sufficienti per incazzarsi di brutto sarebbe bene che colpevoli o no, questi personaggi si facessero da parte alla svelta. Hop Hop. Slacciassero le ditina dai braccioli delle poltroncine e fuori dai coglioni, tanto c'è una fila bella lunga di iene con la bava alla bocca pronte a sostituirli. La caratteristica principale che lega l'elettore agli eletti è la fiducia. Se questa viene meno è la politica che deve fare un passo indietro, non certo i cittadini.

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